Ho scritto questo pezzo qualche giorno dopo gli attentati, pensando a tutti quelli che a Bruxelles non vogliono più venire, che hanno paura e credono sia una città pericolosa. Il mio è uno dei migliaia punti di vista di coloro che hanno vissuto da vicino il 22 marzo e a distanza di tempo, continuo ad invitare i turisti e i viaggiatori a tornare a Bruxelles, perchè la piccola Babele d’Europa ha anche bisogno di voi, per alzare la testa e guardare avanti.
“Il primo giorno non riuscivamo a crederci.
Il secondo giorno ci siamo svegliati e ci siamo resi conto che era successo davvero.
Il terzo giorno abbiamo finito di rispondere a tutti i messaggi di amici e parenti.
Il quarto giorno alcune stazioni della metro sono state riaperte. Alla stazione di Porte de Hal soltanto un ingresso è aperto. Fuori c’è un blindato e quando arrivi al fondo della scala mobile quattro ragazzoni vestiti in tuta mimetica di squadrano e sembra vogliano spararti addosso. Vogliono dimostrarti che ti puoi sentire sicuro (solo lì sotto però!) ma la prima cosa a cui pensi è che ormai sia troppo tardi e che la loro presenza lì difficilmente servirà ad impedire altri attacchi.
Quando sono arrivata giù ai binari, ho pianto. Ho rivisto i visi delle persone che tre giorni prima si trovavano in quel vagone, con la testa piena di pensieri mattutini.
E ho pianto per il vagone, distrutto. Per noi che viviamo a Bruxelles, quel vagone era un pezzo di casa. Una casa dove salgono persone che arrivano da tutte le parti del mondo, cerchi di decifrare lingue mai sentite e ti meravigli davanti a tutta questa ricchezza e diversità.
La metro fa parte della vita quotidiana e la hall dell’aeroporto di Zaventem é un posto felice dove ci si trova per tornare a casa o per imbarcarsi verso nuove avventure.
Sono stati colpiti e distrutti due luoghi che appartengono a tutti.
Ma ciò non significa che dobbiamo avere paura di spostarci, di partire, di tornare. I turisti che hanno bannato Bruxelles dalle loro prossime destinazioni sono ancora vittime di una cieca paura irrazionale: per superarla basta concentrarsi sul fatto che in Europa, la possibilità di perdere la vita in un incidente d’auto rispetto a quella di saltare in aria in un attentato non ha paragoni.
La gente per strada è triste, è in lutto per la propria città e per i propri cittadini.
E abbiamo paura. Non di morire, ma perchè abbiamo visto davanti a noi gli effetti di una guerra terribile che si combatte ai confini del Mediterraneo e che sta diventando sempre più ampia, che porta dolore ovunque ma in diverse forme e misure.
Abbiamo paura di un conflitto globale, non di prendere la metro.
Da neo-genitori emigrati come tanti altri abbiamo paura per il futuro dei nostri bimbi, perchè mai come questa volta abbiamo capito che la più grande fortuna che possiamo avere è vivere in un periodo di pace.
Oltre ad essere il valore più grande che dobbiamo insegnare ai nostri figli.”
Anche io un anno fa scrivevo un post di riflessione dopo gli attentati. Ero yroabta da poco da Bruxelles e stavo per partire per Parigi, le due città meno sicure d’Europa. Eppure non ho avuto mai neanche un minimo dubbio… Non è rimanendo chiusi nelle nostre case che stiamo al sicuro e soprattutto non è così che si batte il terrorismo. Quest’ anno si parte per la Scozia e anche sta volta gli attentati di Londra ci hanno fatto piangere ma non ci fermeranno!
❤